martedì 14 giugno 2011

Coppo Massimo Scrive sulla sua avventura "sulla" Diga Molato

L’avventura comincia sabato assieme a Marco (neofita a tutti gli effetti ma ex validissimo biker) e finisce sotto casa oltre 24h dopo.
Il viaggio scorre sereno fra i soliti discorsi su sport, famiglia, lavoro: arrivati alla diga cambia il companatico. Entriamo subito a contatto con la “gara” che il giorno seguente ci accompagnerà per 5 ( o giu di lì) lunghissime ore.
Rituali al solito: ritiro pacco gara (qui si sono risparmiati se mi è concesso esprimere un’opinione), sosta all’ostello per preparare la stanza (camerata da 4 poi condivisa solo con l’atleta-giudice gara Alessandro), cena e briefing assieme agli altri atleti.
Notte stranamente serena (già da qui si vede che il mio pensiero è rivolto all’ultra che fra 2 settimane circa m’aspetta in Toscana) in un vecchio stabile arroccato fra le colline, immerso nel tranquillo verde delle colline piacentine. Sotto le vecchie e marroni coperte dal materiale indefinibile ma altamente incendiario (che m’han ricordato le uscite spensierate con gli scout di oltre 2 decenni fa) dormo come un ghiro.
Arriva presto la mattina: ci immergiamo testé nel clima gara. Muta addosso 1/2 h prima dello start, bici in zona cambio, scarpe e cappellino sistemate nell’apposita vaschetta, casco e barrette decathlon (per una pippa come me vanno bene anche quelle) sulla bici.
Pronti, via si parte: acqua calda e calma piatta. La diga sembra un brodo. In meno di 1/2ora esco incredulo: non possono essere 1900 … resto in body ed inforco la bici dopo avere con calma, molta calma, messo i calzini e le scarpe. Parto tranquillo e pedalo cominciando a mangiare e bere: mi ripeterò sino al termine della 2° frazione che bisogna stare sereni e non affannarsi mai. Saranno 4 barrette, 4 gel, 2 litri d’acqua a confermare la mia teoria.
L’asfalto è una "merda". Sembra di stare in mezzo ad una classica del Nord. Veramente le ho solo viste i TV ma la sensazione è quella. Più biker che ciclista.
Supero, vengo più spesso superato, chiacchiero con molti, scambio battute e considerazioni. Un atleta mi confessa: “Potevano dirmelo che portavo la mountain bike”.
Scolino dopo il 2° giro e mi concentro sui 20Km (che poi saranno 18 a detta di molti) che verranno. La corsa è il mio forte ma parto, stranamente, arrancando.
Rebo inizia il 2°lap/run all’inizio della mia ultima fatica ma già sapevo che la sua classe non è mai stata acqua. Corro, corro e corro: supero e vengo superato (meno di prima). Ma chi se ne frega, basta arrivare Massimo.
Dopo 5 ore vedo e taglio il traguardo sorridente come m’ero ripromesso di fare.
Ringrazio il cielo (mio padre che mi manca un casino) e la mia inseparabile famiglia: sono rimasti a casa ma un filo sottile mi ha sempre legato a loro. Della stessa stoffa, ma con altra trama, è fatto quello che mi unisce a questo faticosissimo sport: non serve spaccarsi il fondoschiena, basta credere in se stessi e sorridere.
Con la classe di Rebonato (poi 4° assoluto) ritengo si nasca e non si diventa: ogni volta che porto l’auto da Luca Levorato lo ripeto anche a lui.

CIAOOOOOOOOOO

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